“Sì, qui c'era la casa di
Barbieri, dove è nato Aldino, ora al suo posto c'è
il giardino.” Siamo a Caselle di Crevalcore (BO) e
Angelo, 70 anni portati egregiamente, ci osserva,
quasi incredulo che qualcuno si interessi a quel
caseggiato ristrutturato, a persone del passato che
le scelte della vita hanno portato lontano, come
tanti altri, segnando la fine di un'epoca. Poi
osserva la foto del quadro di Barbieri, spiega la
veduta, parla di quei tempi, quando in ogni casa
abitavano tre o quattro famiglie.
E di quei tempi parla lungamente un altro amico di
Aldo Barbieri, Guerzoni Dino, detto Piret. Ci hanno
indicato la persona giusta. Ha 81 anni e una memoria
di ferro, lui che è stato testimone autorevole delle
lotte contadine dell'immediato dopoguerra. Ci porta
alla Casa del Popolo e apre una stanza. Lì sono
appoggiati a una parete quei quadri di Barbieri che
descrivono lo scontro fra il “Collettivo” dei
mezzadri e i proprietari terrieri. “Barbieri li ha
fatti in una quindicina di giorni, nel 1966, mentre
si stava preparando il Festival dell'Unità. Io gli
raccontavo i fatti e lui buttava giù, di getto.” In
un angolo dei quadri, su un foglietto, è annotato
l'avvenimento illustrato e la data: l'Occupazione
delle terre incolte del 1947, le Lotte delle
mondine nella risaia di Palata del 1948, l'Azienda
del Pascolone del 1954. In quello della
Fossetta delle Armi si vedono delle biciclette a
terra: “La celere passava con le camionette sulle
biciclette delle donne che manifestavano”. In quello
della “Bolognina” si vedono degli uomini che sparano
dalla casa padronale: “Erano i crumiri, hanno
sparato veramente sui manifestanti”. Quei
quadri-manifesti non furono ben accetti e Barbieri
fu denunciato, perché i carabinieri erano
rappresentati con il volto di uccelli con un becco
ricurvo. “Non volevamo fare dei volti riconoscibili,
per questo abbiamo scelto quello degli uccelli”. Una
motivazione accolta anche nel processo, che mandò
assolto Barbieri, rimarcando il mutamento nei
rapporti sociali non più improntati allo scontro, ma
che evolvevano verso le riforme.
Un altro casellese residente a
Bologna, Giancarlo Rondelli, racconta che Barbieri si era assunto la
gestione della locale sala di proiezione nel
1947-48. Andava a Bologna a prendere le pellicole e
poi realizzava dei grandi cartelloni per fare
pubblicità al film. Lui e Piret, più giovani
di 10 anni, lo aiutavano facendo la maschera e
facendo funzionare il proiettore. “Nel film D'Artagnan, Aldo mise in posizione
Piret e in pochissimo tempo dipinse il
manifesto”. Talvolta mancava la carta e allora
usavano dei sacchi di calce incollati l'uno
all'altro.
Quei lavori sono andati perduti, ma attestano la
destrezza e la versatilità dell'artista.
I primi passi nel campo dell'arte li aveva mossi a
Milano, dove vinse un primo premio dipingendo
"Piazza Giovinezza” (divenuta poi Piazza Mercanti)
nel 1941. Là si era stabilito un fratello che faceva
l'imbianchino e Aldo l'aveva raggiunto per trovare
lavoro. Durante la sua permanenza nella città, ebbe
la possibilità di frequentare un corso di pittura
presso una scuola d'arte. Ritornò a Milano anche
dopo la guerra, come lo attestano altri quadri, come
quello dei Navigli, del 1949.
Scorrendo l'elenco dei dipinti presentati alle due
grandi mostre degli anni 80 a Palazzo Re Enzo a
Bologna, si nota che dal 1951 al 1958 i suoi quadri
raffigurano prevalentemente aspetti della campagna
crevalcorese. Poi il suo sguardo si allarga, la
pittura lo porta in molte città del Nord, fino a
spingersi all'estero, in luoghi prestigiosi come
Parigi.
Il Barbieri delle Lotte contadine ha già
un'esperienza internazionale, che approfondirà in
seguito col suo intenso rapporto con la Spagna. Il
paese di
Garcia Lorca lo affascina e lo ispira.
I canti del poeta fanno da sfondo ad una
rappresentazione intensa e vibrante; il colore e i
riferimenti simbolici evocano l'amore per il canto e
la vita. "Andavamo in Spagna ogni estate, in luoghi sempre
diversi. I suoi quadri erano molto apprezzati”. La
moglie ricorda con nostalgia l'atmosfera di quel
paese, le feste a cui erano invitati. Nella sua casa
di Bologna sono appesi ai muri alcuni quadri di
Barbieri e le foto dei momenti più belli. Ci sono i
primi quadri dipinti: "Sono un ricordo e da questi
non potremmo mai separarci”. Osserviamo il timbro
con cui autenticava le sue opere: si firmava
"Barbieri da Allegralcoris detto lo Spagnolo”, il
dotto appellativo della propria origine e lo
pseudonimo che lo ha consacrato come pittore di fama
internazionale. Il figlio Alberto ci porta alcuni
cataloghi. In uno figura un elenco di quadri sulla
deportazione nei campi di sterminio nazisti. “Quelli
dovrebbero trovarsi a San Giovanni in Persiceto.
Sono grandi come quelli delle Lotte contadine”. Ci
proponiamo di fare una ricerca.
A Crevalcore entriamo in contatto con un amico di
Barbieri. Ci conferma l'esistenza in loco delle due
raccolte tematiche sui contadini e sulla
deportazione. Ci dice che cercherà notizie e
aggiunge: “Qui sono parecchi ad avere dei suoi
quadri, perché lui è sempre rimasto in contatto con
noi. Ho anche un suo quadro spagnolo”. Ha inizio la
nostra ricerca, nel tentativo di ricostruire una
parte almeno del percorso del nostro grande
concittadino, cresciuto fra la sua gente, della
quale ha condiviso sentimenti e passioni.
settembre 2008
Sterratore
1959
Provenza campagna,
casetta e piante 1968
Marina a Bussana
1965
Rimini piccola
darsena 1967
Cantiere
periferico, nevicata 1966
Lodi, scalo merci
1974
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