Figlio di
Ghermandi Alberto
detto Mingantin, Romano (1909-1974) ha lavorato con
il padre decoratore e sotto la sua guida ha appreso
le tecniche pittoriche. La figlia Giovanna conserva
una Madonna con bambino dipinta a 16 anni.
I Ghermandi abitavano a Crevalcore, alla Guisa, ma
erano attivi nei palazzi, nelle ville e nelle chiese
della città di Bologna, costretti per questo a
restare per parecchi giorni lontani da casa. La decorazione e
gli affreschi venivano realizzati durante la bella
stagione, mentre durante l’inverno si preparavano i
cartoni con le decorazioni da realizzare in seguito.
Era l’occasione anche per cimentarsi in opere più
complesse, fare ritratti, ma sempre con la
consapevolezza che quei quadretti dipinti su
supporti di legno o cartoncino erano un passatempo,
non avrebbero contribuito al magro bilancio della
famiglia. Erano tuttavia importanti per le loro
relazioni sociali, per i contatti con le ricche
famiglie da cui ricevevano le commissioni e di cui
condividevano il piacere per l’arte e per il teatro.
Che i Ghermandi avessero un certo credito
nell'ambiente, lo attestano le due grandi copie del
figlio Romano, dipinte a vent'anni: il
San Pietro
e il Napoleone, conservato
quest'ultimo nella casa
dell’altra figlia di Romano, Dea, a Crevalcore.
Purtroppo, durante il fascismo, Romano assistette
alla progressiva emarginazione del padre, alla
difficoltà crescente di trovare lavoro. Le idee di
libertà e giustizia professate dal padre erano
contrarie a quel movimento e la sua avversione alla
violenza era molto radicata.
Dal matrimonio con Fernanda nacquero Giovanna e Dea, ma
la moglie morì prematuramente nel 1939.
Nel 1940 Romano fu inviato sul fronte francese, dove
rimase ferito alla fronte. Trascorse il periodo di
convalescenza in famiglia e successivamente a Marzabotto (Bo),
dove restò
per sette mesi. Là conobbe la sua futura seconda
moglie, Giannina, sarta di professione. Nel 1941
fu inviato nuovamente al fronte, in Yugoslavia, a
Spalato. Restano quattro dipinti della città
(1,
2,
3,
4). Poi una legge sugli orfani di guerra
gli permise di riavvicinarsi alla famiglia e prese
servizio presso il Genio Militare di Bologna.
Ritornava al suo paese, a Crevalcore, in
bicicletta, non appena era libero dalle esigenze di
servizio, e si recava pure a Marzabotto, come lo
dimostra il quadro sulla
Chiusa del Reno. Anche l’8 settembre 1943 era a casa a
Crevalcore e, nella generale confusione di quei
momenti, decise di non rientrare in caserma. Gli
eventi successivi poi gli furono favorevoli: la sua
classe non venne richiamata e poté lavorare nella
ristrutturazione dell’ospedale militare di Crevalcore.
I viaggi a
Marzabotto in bicicletta per incontrarsi con la
fidanzata divennero più pericolosi. Nell’agosto del 1944,
fu incendiato un treno carico di munizioni in una
galleria nei pressi della cittadina e Romano andò
per l’ultima volta da Giannina, deciso a sposarla e
portarla con sé a Crevalcore. Ma il parroco del
luogo rifiutò di compiere una frettolosa cerimonia e
i due, determinati nella loro scelta, caricarono
sulle rispettive biciclette la macchina da cucire e
vennero a Crevalcore, dove Don Bisteghi, meno
formale del precedente, acconsentì ad unirli in
matrimonio.
Dalla nuova unione nacque il figlio Leonardo.
A Marzabotto gli avvenimenti precipitarono poco dopo
la partenza di Giannina: dal 29 agosto al 5
settembre le truppe tedesche uccisero per
rappresaglia 800 abitanti del luogo.
Romano Ghermandi fu eletto consigliere nel primo
Consiglio comunale di Crevalcore del dopoguerra,
nel 1946, nella lista del Partito Comunista.
Come tanti crevalcoresi, si recava
ogni giorno a Bologna dove ferveva la
ricostruzione, per lavorare come imbianchino. Nel
1957 si trasferì definitivamente nel capoluogo, seguendo
l’esempio della figlia Giovanna. Nel 1965 andò in
pensione e poté liberamente dedicarsi alla pittura,
dando più continuità a quella passione che fino ad
allora aveva coltivato saltuariamente. Sono infatti
numerosi i quadri ambientati a Bologna: le vedute di
San Luca, delle colline, del fiume Reno. Ha lasciato
anche parecchi ritratti e molti vasi di fiori, un
soggetto che prediligeva.
La figlia Dea sa per certo che vari quadri dipinti
dal padre sono nelle case di famiglie crevalcoresi e
desidererebbe rivederli. Un desiderio che è anche
nostro. Il comune di Crevalcore ha ricevuto da
Romano alcuni dei suoi dipinti e uno fu dato in dono
ad una delegazione sovietica, durante
una visita ufficiale.
Un altro si
può ancora vedere nell’Ufficio Registro del Comune.
Ha esposto i suoi quadri in alcune gallerie, a
Crevalcore e a Bologna.
ottobre 2009
Altri
dipinti di Romano Ghermandi
Ghermandi Alberto "mingant"
padre (1949)
La madre (1949)
San Luca
(1971)
Il Corno alle Scale
Colline bolognesi (1971)
(1968)
(1967)
(1965)
(1966)
San Pietro (1931)
Autoritratto (1971)
Altri
dipinti di Romano Ghermandi
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