La casa editrice Masetti ha giustamente intitolato
la sua monografia su Aurelio Barbalonga Una vita
per l'arte. Figlio di attori di teatro che il
lavoro portava da una città all'altra, lui ha inteso
allo stesso modo realizzare la sua esistenza, e in
primo luogo la sua vocazione pittorica.
Era nato a Palermo nel 1922 durante una trasferta
dei genitori in quella città. A diciannove anni deve
arruolarsi. Interrompe gli studi ed è inviato sul
fronte greco. Fatto prigioniero, nel 1943 evade per
ben due volte dai campi di prigionia. Rientra
clandestinamente in Italia e combatte con i
partigiani fino alla liberazione.
Dal 1946 intraprende varie attività, stabilendo
intensi rapporti culturali con Francia, Inghilterra,
Olanda e Jugoslavia.
Nel 1956 fonda la prima scuola d'arte nelle Marche.
Pittori, poeti e scrittori partecipano ai suoi Premi
letterari e di Pittura. Fonda nuove gallerie e
centri d'arte. Nel 1964 si trasferisce a Bologna
dove nel 1972 fonda la Schola Pictorum, che ha un
seguito straordinario. E' chiamato frequentemente a
far parte delle giurie nei concorsi di pittura, con
critici e giornalisti. Negli anni 80 e 90 collabora
con centri di sostegno ai disabili. Muore a Bologna
nel 2003. Le sue mostre sono esposte
nelle più note gallerie italiane ed europee.
"Alla domenica andavamo da
qualche parte in collina per dipingere sul posto. Tutti
potevano venire, la partecipazione era gratuita" La
sig.ra Eva, moglie di Barbalonga, ci descrive con
vivacità quelle uscite fuori porta, che lei
organizzava per la Schola Pictorum. Col tempo si era
formato un gruppo numeroso, affiatato. "Il corteo
delle macchine in partenza da Bologna era aperto
dalla mia, sulla quale sventolava una bandiera che
avevo fatto con un lenzuolo" A mezzogiorno andavano
al ristorante più vicino e contrattavano il pranzo
per l'intero gruppo. Capitava che il ristoratore
offrisse il pranzo a tutti in cambio di un quadro di
Barbalonga.
Barbalonga era affabile, ma non era un maestro
indulgente. Passava fra i cavalletti e ritoccava,
consigliava, stimolava il gruppo perché ognuno
desse il meglio di sé. Suggeriva di disfarsi di
tutti quei tubetti di colore e tenerne solo cinque.
Come tavolozza si poteva prendere un'altra tela,
sulla quale venivano messi un po' di questi colori,
e alla fine quello che restava era spalmato per fare
da fondo a un quadro successivo, perché il colore ad
olio è un ottimo aggrappante. La semplificazione
degli strumenti per concentrarsi sull'essenziale,
sull'estetica del vero, la rappresentazione del
paesaggio.
Barbalonga pittore del reale, sulle piazze dei
paesi, a contatto con i passanti: così lo descrivono
decine di articoli raccolti in un fascicolo. E' un
pittore che percorre l'Italia, instancabile, e che
conquista il suo pubblico per l'interpretazione
lirica, l'esaltazione della natura, l'espressione
cromatica.
Per lui dipingere è raccontare, comunicare agli
altri le visioni e le emozioni che lo colpiscono.
Spesso incontra gli studenti, per mostrare loro come
nasce un'opera d'arte, e, mentre il quadro
velocemente si forma, risponde alle loro domande.
Una serie di aneddoti ci offre l'immagine della sua
vita romanzesca.
A
Giuliana, in Sicilia, mentre stava dipingendo la
chiesa, si formò una gran ressa: "...ma guarda che
non è un dilettante!... come è veloce!... come
dipinge bene!... dipinge con due spelacchi nel
pennello!... non avrà neanche i soldi per comprarsi
il pennello!... con 50.000 lire te lo tira dietro!".
E mentre dipingeva con tutta quella gente alle
spalle, un automobilista di passaggio gettò
un'occhiata che gli costò un incidente, perché andò
a sbattere contro un autobus.
Barbalonga stava seguendo il Giro d'Italia
nell'ambito di un progetto sport+arte della UISP bolognese: ogni giorno un suo quadro
avrebbe illustrato una tappa della corsa.
I suoi quadri trovano un immediato consenso anche
fra il pubblico delle
mostre. Ad Ancona, il sindaco e le autorità visitano
un centro espositivo che ha riservato una sala a Barbalonga ancora poco conosciuto. Lui sta in
disparte, perché con quel sindaco, qualche tempo
prima, aveva avuto un vivace scambio di battute a
proposito dei rapporti fra cultura e politica. Senza
sapere chi è l'autore dei quadri, il sindaco ne
resta affascinato, chiede di conoscere il pittore e alla vista
di Barbalonga gli stringe la mano e promette "Quando
vorrà fare un'altra mostra ad Ancona, avrà tutto il
mio sostegno, passerà dalla porta principale!"
Quando la sua fama è consolidata, un conoscente si
congratula con lui per la bella mostra allestita a
Londra. Lui cade dalle nuvole. Scopre poi che un
commerciante italiano è in affari con un gallerista
inglese molto interessato ai suoi quadri, il quale a
sua volta è
l'organizzatore dell'evento.
A Bagheria i coniugi Barbalonga sono ospiti di
Butitta. Renato Guttuso, che frequentava la casa del
poeta, una sera porta tutto il gruppo di amici al
ristorante. "Offro io la cena!" e in effetti non
manca niente a quella allegra serata. Alla fine del
pasto, l'oste porta i colori e i pennelli e invita
tutti a girare la tovaglietta e a fare un quadro.
Guttuso spiega che è l'usanza di quel ristorante.
Alle pareti sono appesi quadri di artisti famosi. I
Barbalonga capiscono all'istante: Guttuso portava in
quel ristorante i pittori più noti e in cambio di un
quadro l'oste offriva la cena.
Sorride ancora la sig.ra Eva accennando ai tassisti di Amsterdam. Barbalonga stava dipingendo la serie delle Città
d'Europa. Lui e la moglie partivano al mattino
dall'albergo e si facevano portare in taxi nel luogo
prescelto. Finito il quadro, cercavano un taxi per
rientrare, ma i tassisti si rifiutavano di caricarli
non appena si rendevano conto che il grande quadro
era ancora fresco di colori e così i due coniugi si
facevano lunghe passeggiate a piedi: "Camminare stanca, ma
com'è bella Amsterdam con i suoi canali!"
La moglie Eva racconta con piacere l'accoglienza che
il sindaco di Sfruz, nella Val di Non, riservava a
Barbalonga al suo arrivo nella casa di vacanza nel
Trentino: "Nel 1998 ci accolse addirittura con la
banda del paese!". Ma non mostra nessuna esitazione
nell'affermare che la vicenda artistica di
Barbalonga è stata una scelta di vita, che nel corso
degli anni le difficoltà furono superate con
determinazione e rinunce significative. Come i tre
anni in cui si assunse l'impegno di insegnare ad
Anzola (Bo), senza mai chiedere una lira. Ci indica
una foto tratta da un libro: Barbalonga sta
attraversando il fiume Reno saltando da una sasso
all'altro, sostenendo il cavalletto e la tela
"Quell'immagine piaceva molto ad Aurelio, la
considerava la metafora della sua vita."
La pittura di Barbalonga resta saldamente agganciata
ai sentimenti, alla riflessione. Dalla meditazione
contemplativa dei suoi paesaggi, passa ai temi più
scottanti del disagio sociale. Sono del decennio
1955-65 una serie di tele sulla droga, sui problemi
delle periferie, sull'inquinamento, sui pericoli
della notte nelle città, sulla delinquenza.
Un'attenzione all'attualità nel segno di un richiamo
alla dignità dell'uomo, che continuerà a trattare
anche successivamente, come i quadri sulla Uno
Bianca e la strage di Nassiriya donati all'Arma dei Carabinieri dalla moglie
dopo la scomparsa dell'artista.
novembre 2008
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